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                                                                                                - COLLINE NOVARESI -

E' la denominazione comunemente usata per identificare l'area di territorio collinare della provincia di Novara. Situata a nord rispetto al capoluogo, nella parte centrale della provincia, è delimitata dai fiumi Sesia ad ovest e Ticino ad est e confina a settentrione con il Vergante. L'altitudine è compresa approssimativamente tra i 200 e i 400 m s.l.m. In modo particolare il termine è usato per identificare la parte orientale del territorio, compresa tra il fiume Sesia ed il torrente Agogna e famosa per la rinomata produzione vinicola. I comuni compresi nel territorio sono 25: Barengo, Boca, Bogogno, Borgomanero, Briona, Cavaglietto, Cavaglio d'Agogna, Cavallirio, Cressa, Cureggio, Fara Novarese, Fontaneto d'Agogna, Gattico, Ghemme, Grignasco, Maggiora, Marano Ticino, Mezzomerico, Oleggio, Prato Sesia, Romagnano Sesia, Sizzano, Suno, Vaprio d'Agogna e Veruno. Nove tra questi comuni sono riconosciuti come "città del vino": Boca, Bogogno, Briona, Fara Novarese, Ghemme, Mezzomerico, Romagnano Sesia, Sizzano e Suno. La viticoltura nel territorio ha tradizioni antichissime, praticata da molti secoli grazie al microclima particolarmente favorevole, dovuto alla vicinanza del Monte Rosa, ai monti della Valsesia e ad un terreno composto da argille, sabbia e ciottoli di origine morenica. Le colline novaresi non sono un territorio collinare omogeneo bensì è costituito da alcuni pianalti, allungati con direzione prevalente nord-sud, alternati a valli pianeggianti dove scorrono i principali corsi d'acqua e transitano le strade che si diramano dal capoluogo verso nord. I principali centri abitati sorgono lungo queste arterie stradali che sono, da ovest ad est, la SP 299 della Val Sesia, la SS 299 del Lago d'Orta e la SS 32 Ticinese. I pianalti sono ampi depositi morenici alti alcune decine di metri al di sopra al territorio circostante, formatisi dall'avanzamento e il successivo ritiro dei ghiacciai del quaternario attraverso la Valsesia, il Cusio ed il Verbano, e l'azione congiunta dello scorrere delle acque, in particolare i torrenti Agogna e Terdoppio. Nelle aree pianeggianti prevale la coltivazione cerealicola, principalmente mais, mentre le risaie si arrestano nell'area meridionale intorno ai 200 metri di quota. Sui pianalti ha grande rilevanza la coltivazione della vite, alternata a ampie zone di bosco. In un'area di 1.153 ettari compresa tra i comuni di Cavaglio d'Agogna, Cavallirio, Cureggio, Fontaneto d'Agogna, Ghemme e Romagnano Sesia, sul terrazzo morenico più occidentale, si estende la cosiddetta "Baraggia del Piano Rosa", compresa nella Riserva naturale orientata delle Baragge. Nella zona del Monte Fenera ha origine lo Strona di Briona; un tempo affluente dell'Agogna, oggi raggiunge quest'ultimo unito con la roggia Mora.

                                      - MONTEREGIO -

Il Monteregio novarese è l'area collinare che da Proh-Briona sale verso la Valsesia fino ad arrivare al Monte Fenera. Questa vasta zona era simile, dopo la glaciazione che la creò con il deposito del materiale lasciato dal ghiacciaio del Monte Rosa, ad un altopiano percorso da alcuni torrenti. Fin da epoca remota fu luogo di caccia da parte delle antiche popolazioni ed è documentata la presenza a Ghemme di un insediamento della "Cultura del Vaso a bocca quadrata", risalente al IV millennio a.C. In epoca romana fiorì il "Pagus agaminus"(da cui deriva il nome di Ghemme: Agamium-Agem - Gheme-Ghemme), unico documentato nel Novarese ed importante centro amministrativo-economico dell'area. Il nome Monteregio (o Monterezio) compare per la prima volta nel testamento del celebre conte Guido di Biandrate del 6 dicembre 1165 per indicare l'area collinare nella quale il nobile possedeva beni. Il toponimo venne sempre utilizzato e gli antichi Statuti medioevali di Novara ricordano l'obbligo ai proprietari di vigne di piantare un albero di olivo ed uno di mandorlo ogni quattro staia di vite. Caduto in disuso nel Settecento e nell'Ottocento, il nome di Monteregio è tornato oggi per indicare questa area ricca di bellezze naturalistiche e paesaggistiche, di monumenti d'arte e di fede, vocata da oltre 2000 anni alla coltivazione della vite ed alla produzione del vino, che ha nel "Ghemme docg" il fiore all'occhiello. LA GEOLOGIA - La matrice litologica di questi terrazzi fluvio-glaciali non è altro che l'enorme accumulo di ciottoli e massi trasportati dai fiumi e torrenti alla fine dell'ultima era glaciale (10.000 anni fa ca).Si parla di terrazzi proprio per la conformazione a salti e gradoni successivi. Le zone più antiche sono le più elevate, dove l'accumulo di materiale non è stato intaccato più di tanto dall'erosione dei fiumi e dei torrenti. In queste zone più elevate si trovano anche strati di materiale di origine eolica (limi e argille) di colore biancastro. Sono infatti terreni poco permeabili e poco fertili. I terrazzi più bassi sono di origine più recente e hanno subito trasformazioni più o meno profonde dal fiume Sesia verso Ghemme, dall'Agogna verso Fontaneto, e dalla rete idrografica minore: torrente Strona e Strego, più innumerevoli rii e bonde secondari e stagionali. I suoli quindi sono in generale formati da uno strato compatto di argilla e limo. Sono poco permeabili, poco areati e costipati, sono composti per lo più da argille e sono tendenzialmente acidi, con uno strato sottile di terriccio sfruttabile dalla vegetazione. La presenza di humus diventa più consistente in vallette fresche o lungo i corsi d'acqua.

                             - COLLINE DI GATTINARA -

E’ questa la zona nella quale inizia il traffico verso la parte alta della Valsesia che richiama le affluenze più propriamente turistiche per intenderci, e certamente è da quaggiù che si stabilisce il disegno circoscritto da quelle continue metamorfosi del paesaggio che rendono così complessa e sorprendente la terra valsesiana. Le colline di Gattinara infatti, in modo esclusivo su tutto il territorio, presentano un particolare aspetto della terra valsesiana, non più riprosta altrove. Immagine parlante della generosità di una fertile terra, luogo specifico di produzione di prodotti vitivinicoli di eccellenza, Gattinara e le sue colline circostanti, per la loro struttura orografica e per un andamento territoriale movimentato e sinuoso, godono di un ottimo clima che naturalmente determina la buona qualità dei prodotti della terra. Al buon vino delle colline di Gattinara, che ha una tradizione ormai plurisecolare, si abbina oggi  l'attenzione per la qualità che deriva da un’elevata capacità professionale legata al rispetto per la tradizione. Le terre di questi vigneti oltre a conferire all’ambiente un profilo affascinante e caratteristico, sono costantemente curate da agronomi e professionisti che sanno coniugare l’affetto per le vigne (il Nebbiolo in particolare, vitigno sovrano da cui derivano tutti gli ottimi vini della zona collinare gattinarese) al paesaggio e a produzioni di per sé in grado di qualificare  la zona nel contesto enologico del Nord Piemonte in modo universale. Questo territorio collinare presenta tre parti, una medio bassa coltivata a vite, una alta un tempo coltivata oggi trasformata in bosco e una terza incolta  che si presenta con minore presenza di specie arboree. Dossi e colli esposti al sole sono sfruttati dalla vite anche se sono presenti diverse tipologie di vegetazione.La gentilezza delle immagini panoramiche conferite da queste  colline  gattinaresi danno all’anticamera valsesiana un aspetto omogeneo e invitante, interrotto soltanto da qualche ciliegio selvatico che  fa bella mostra di sé quando fiorendo realizza bellissime macchie bianche nel verde dell'ambiente.

                                                                                                    - MONTE FENERA -

Il Parco Naturale del Monte Fenera è un'area protetta di 725,98 ettari situata sulle colline della bassa Valsesia, attorno al Monte Fenera (899 m s.l.m.). Nella zona è inoltre stato istituito il Sito di interesse comunitario Monte Fenera (IT1120003). Sul suo territorio furono ritrovati i resti dell'Uomo di Neanderthal, della Cultura musteriana (tardo paleolitico) e dell'orso delle caverne: il carsismo ha infatti formato varie cavità, tra cui il Ciutarun, la Ciota Ciara e la grotta del Belvedere, nelle quali sono stati effettuati tali ritrovamenti. Attualmente è popolato da circa 30 specie botaniche. LA STORIA - Attraverso i secoli, a partire dal Paleolitico Medio fino ai giorni nostri, si ha sul Fenera una continua presenza umana con genti molto diverse che si sono succedute nel tempo lasciando importanti tracce del loro passaggio. Dai rozzi strumenti di pietra dell’uomo di Neandertal, dopo molti millenni si perviene alla ceramica del Neolitico ed agli oggetti di metallo per arrivare all’epoca Romana con monete in bronzo e in argento e, probabilmente, nel tardo romano o primo Medioevo, ai più antichi segni dell’industrializzazione della valle con i resti di una fucina per la lavorazione del ferro. Infine il Medioevo ci ha lasciato più evidenti testimonianze con le murature a spina del sec. XII, le rovine del Castello di Robiallo, il sistema a castra sviluppato lungo le vie commerciali ed i nuclei frazionali situati a valle risalenti al 1300; lo sviluppo urbanistico a quote superiori è avvenuto invece in tempi successivi tra il XV - XVI sec. Successivamente le testimonianze della presenza dell’uomo diventano sempre più evidenti e ricorrenti: l’itinerario del Cinquecento e del Barocco è documentato dalla chiesa parrocchiale di Grignasco e dalla cappella di S. Antonio a Casa Negri e si sviluppa attraverso le chiese e gli oratori dei nuclei frazionali, in quota come ad es. a Colma, Maretti e sulla cima del Monte Fenera. L’itinerario dell’architettura antonelliana e del tardo Neoclassico è documentato dalle chiese di Soliva, Castagnola e del Santuario di Boca. Testimonianze più recenti relative ad una vita rurale e pastorizia sono identificabili negli alpeggi (Alpe Fenera, ai Camini, …), nei nuclei frazionali caratterizzati, sino al 1960, da case abitate con i tetti in paglia, nelle manifatture quali le concerie ed i mulini, localizzati lungo i corsi d’acqua, infine le cave con i carrelli trasportatori e le strade di collegamento con le fornaci. Le ultime testimonianze di importanti eventi storici sono relative alla guerra partigiana vissuta e partecipata con particolare intensità dalle popolazioni locali che hanno sofferto la perdita di parenti:lungo i sentieri del Parco si possono infatti incontrare numerose lapidi di caduti. IL PARCO - Il territorio del monte Fenera entra a far parte del sistema regionale delle aree protette nel 1987 con l’istituzione del Parco Naturale del Monte Fenera e interessa una superficie di 3378 ettari. Il parco prende il nome dal monte che si erge, possente e solitario, sopra i rilievi della bassa valsesia e che, per il suo profilo, è riconoscibile dalla pianura novarese e vercellese: il Fenera. Assai interessante per gli aspetti geologici, il monte Fenera, presenta sui versanti occidentali numerose grotte, alcune delle quali sono di notevole interesse archeologico e paleontologico, in quanto hanno rilevato segni unici in Piemonte della presenza dell’uomo di Neanderthal, vissuto in questi luoghi circa 50.000 anni fa e dell’Orso delle Caverne (Ursus Spelaeus), estintosi 20.000 anni fa. Il monte Fenera è un vero microcosmo, molti gli ospiti d’eccellenza fra questi la cicogna nera, specie assai rara che da alcuni anni frequenta il Parco, il picchio muraiolo, il falco pellegrino. Anche la flora del parco presenta alcune rarità come la daphne alpina, la vite selvatica, la lingua cervina e la felce florida. Nel parco si trovano anche alcune emergenze architettoniche quali il Santuario del Crocefisso di Boca esempio di sperimentazione progettuale dell’architetto Alessandro Antonelli, le chiese di Soliva e Castagnola di stile neoclassico. LA GEOLOGIA - Il Monte Fenera costituisce l’unico grande complesso di rocce sedimentarie della Valsesia. La base del rilievo è formata da scisti gneissici di probabile età pre-cambiana, sulla quale poggia una formazione di porfidi quarziferi rosso-bruno del Paleozoico; segue la serie di rocce calcareo-dolomitiche molto carsificate del Trias (Era Mesozoica), che si estende per uno spessore di circa 300 metri in tutta la zona mediana del monte e che si evidenzia per le chiaretinte della parete Ovest. Sopra le dolomie si succedono fino alla vetta formazioni del Giurassico(Lias inferiore e medio) con resti di fucoidi e di ammoniti. Verso la fine dell’Era Cenozoica, durante il Pliocene, il mare invadeva ancora la Pianura Padana e si insinuava nelle Valli Alpine: infatti, nei depositi marnosi, formatisi circa 6 milioni di anni fa, si possono rinvenire molte forme di molluschi e di flora subtropicali. La struttura del monte è interessata da due fratture principali(faglie) dovute ai movimenti di dislocazione di età “alpina”: una in direzione ENE-WSW (linea della Cremosina), l’altra,ortogonale alla prima, circuisce il fianco orientale del monte stesso. Oltre alle due faglie di cui si è fatto cenno, i banchI calcareo-dolomitici sono interessati da numerose altre fratture e fessurazioni di origine tettonica dovute alla scarsa plasticità della roccia. in esse l’azione dell’acqua è stata molto attiva, sia chimicamente, sia meccanicamente, instaurando una complicata circolazione in diverse cavità della dolomia.Il Monte Fenera costituisce l’unico grande complesso di rocce sedimentarie della Valsesia. La base del rilievo è formata da scisti gneissici di probabile età pre-cambiana, sulla quale poggia una formazione di porfidi quarziferi rosso-bruno del Paleozoico; segue la serie di rocce calcareo-dolomitiche molto carsificate del Trias (Era Mesozoica), che si estende per uno spessore di circa 300 metri in tutta la zona mediana del monte e che si evidenzia per le chiaretinte della parete Ovest.Sopra le dolomie si succedono fino alla vetta formazioni del Giurassico(Lias inferiore e medio) con resti di fucoidi e di ammoniti. Verso la fine dell’Era Cenozoica, durante il Pliocene, il mare invadeva ancora la Pianura Padana e si insinuava nelle Valli Alpine: infatti, nei depositi marnosi, formatisi circa 6 milioni di anni fa, si possono rinvenire molte forme di molluschi e di flora subtropicali. La struttura del monte è interessata da due fratture principali(faglie) dovute ai movimenti di dislocazione di età “alpina”: una in direzione ENE-WSW (linea della Cremosina), l’altra,ortogonale alla prima, circuisce il fianco orientale del monte stesso. Oltre alle due faglie di cui si è fatto cenno, i banchI calcareo-dolomitici sono interessati da numerose altre fratture e fessurazioni di origine tettonica dovute alla scarsa plasticità della roccia. in esse l’azione dell’acqua è stata molto attiva, sia chimicamente, sia meccanicamente, instaurando una complicata circolazione in diverse cavità della dolomia.

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